Quello che è accaduto al 64° minuto di Inter – Genoa, con Romelu Lukaku, bomber nerazzurro, che affida al 17enne Esposito (prima gara da titolare in A) l’onore di calciare un rigore, sarà ricordato a lungo dai tifosi interisti come la partita della generosità, degli applausi, delle lacrime e degli abbracci. Si, perché difficilmente si è soliti vedere su un campo di calcio che un bomber rinunci a calciare un rigore per farlo tirare da un compagno meno esperto. Questa volta la generosità dimostrata da Romelu si può dire che ha sconfitto l’egoismo; atteggiamento che di solito, a torto o a ragione, secondo gli intenditori di calcio, hanno spesso i grandi calciatori, soprattutto poi se questi hanno il compito di fare gol. Ma nel calcio, per fortuna, esistono ancora calciatori speciali e Romelu è uno di questi, un ragazzo umile e generoso, pronto anche a rinunciare a qualcosa d’importante, come la sua tredicesima marcatura in serie A, per fare felici gli altri e soprattutto Sebastiano; ragazzo cresciuto nella cantera nerazzurra che in poco tempo è riuscito a raggiungere quel grande sogno ambito dalle centinaia o meglio migliaia di ragazzini, i quali, la domenica o nel fine settimana, si divertono a correre dietro un pallone nelle tantissime scuole calcio sparse in Italia. La speranza è che un giorno questo traguardo possa essere raggiunto anche da loro, come è successo a Sebastiano, ragazzo prodigio ed ancora minorenne, che a fine gara, è subito corso, piangendo, tra le braccia della sua mamma per esternare tutta la sua felicità, grazie a Romelu Kukaku, il gigante buono dell’Inter che da piccolo ha visto la mamma piangere mentre mescolava il latte per farlo durare di più, convivendo in ambienti malsani e dicendo al suo allenatore: “Mister fammi giocare. Io faccio 25 gol entro dicembre.” La scommessa ora Lukaku l’ha vinta, anche perché nella vita “Non bisogna mai sfidare un bambino che ha fame”.
di Luigi Rubino
Lukaku, un gesto da campione.
Non bisogna mai sfidare un bambino che ha fame