Ciclismo: Cesenatico-Cesenatico, il saliscendi su due ruote
di Giovanni Labanca
Che geniali sti signori dell’organizzazione del Giro. Ti costringono ad ogni costo a farti vedere una regione particolare o meglio, una fetta di una provincia, tanto è famosa e bella questa zona d’Italia che lo merita. Dopo tutto il giro è nato per questo e noi stiamo al gioco, perché il gioco è bello. E’ la Romagna, signori miei, quella che pochi vedono d’estate, presi come sono a mostrare le chiappe al mare. Di questo tanti parlano male per via del colore che dal blu degli altri si distingue per non essere affatto blu, ma torbido per via dell’arenile che lo confonde ad ogni passo mosso nella bassa acqua. Perché, dunque, tanta gente, sotto gli ombrelloni, in fila e ben squadrati? E che ne dite della folla serale che non crea confusione, ma piacere di una passeggiata tra tanta altra gente che sta lì solo per divertirsi? Un motivo ci sarà. Dicevamo che pochi si avventurano all’interno di questa, perché è un saliscendi di paesini, di belle colline, tutte piantate a frutta e verdura che finiscono sulla tavola specialmente di noi lombardi. E’ il fascino del territorio.
Ci sono ben cinque GPM prima di arrivare sulla famosa passeggiata per un altro sprint che Sagan e Démare si apprestano a giocarsi. I GPM sono collinette che si scalano fischiettando, tanto sono basse. Fa niente, ci sarà sempre un Pozzovivo che la prende sul serio e fa un tappone che lo ripagherà dalle maledizioni subite quasi ogni giorno, compreso ieri, quando una foratura lo ha costretto ad inseguire. Lui, da indomito Lucano, non si ferma davanti a questi inconvenienti e tira avanti. Merita una medaglia speciale, a fine giro per la sua combattività.
Cesenatico è bella, anche se nata su una palude malsana, che nessuno voleva dei paesi attorno, se non fosse stato che Cesena aveva bisogno di uno sbocco a mare e di un porto personale. Piano piano, con l’arrivo dei romani che di terre ne avevano sempre fame, cominciarono a dragare e a scacciare tutta quella palude per impiantarvi casette per il loro bisogno. Via via, si arrivò ad avere un villaggio, con tanto di pescatori, che la trasformarono in un pericolo per le vicine Cervia e Rimini. Con Cervia incrociarono le armi per via del sale, ma Cervia ebbe il sopravvento e i cesenati tornarono a fare i pescatori e oggi se ne fregano di Cervia, se hanno un bel porto disegnato da Leonardo da Vinci, a cui mancò solo la fortuna di fare un canale per Cesena. I paesi attraversati con piacere anche dallo scrittore cronista Fabio Genovesi, che ce parlerà diffusamente e, certamente, accennerà al dieci gennaio del 49 a.C., fatidico giorno in cui si scrisse la storia di Roma. “Alea iacta est”, se ne uscì tale Giulio Cesare, prima di attraversare un fiumiciattolo chiamato Rubicone, per calarsi come un falco su Roma e dar battaglia ai furbaccchioni che l’avevano ridotta ad un luogo di malaffare. Guerra civile fu, dalla quale il biodo cesarino me usci vincitore e pure dittatore per finire i suoi giorni con un altra frase ” Tu quoque, Brute fili mi”. Che storia, ragazzi, per un grande della storia, vissuta tra una due frasi, finite sulla bocca di tutti e per sempre.
Torniamo in bicicletta, con la speranza che le autorità locali abbiano provveduto ad asfaltare per bene quelle strade di campagne che sembrano tante mulattiere. E’ una vergogna per la rossa Romagna avere strade da campagne, con buche e squarci incredibili. Vedremo più tardi. Ora, godiamoci il panorama e il finale che suggella 204 chilometri di pere, meloni, prugne,f ragole e pesciolini che piacevano tanto pure a Federico.