Giro d’Italia: Conegliano-Valdobbiadene: corsa al primo bicchiere
di Giovanni Labanca
Il giro stringe e lo fa in modo inaspettato, prima che comincino a farsi vedere le nevi delle montagne friulane. Quello che ha sorpreso nella tappa di ieri è stata la strategia degli scalatori di impedire ai velocisti di arrivare a disputarsi la solita volata. E ci sono riusciti, se guardiamo che il primo a tagliare il traguardo è stato Ulissi. Distaccati sono arrivati gli altri padroni dello sprint, in una tappa che a prima vista non mostrava nessuna particolare difficoltà. Invece, come nei maialetti la più dura a scorciare è la coda, allo stesso modo si è rivelata alla fine questo avvicinamento alla cronometro e poi al primo assalto alla montagna di domenica. Promette assai bene la cavalcata verso Monselice, con la maglia a difendersi ed il solito Domenico Pozzovivo a fare il folletto, sempre a suo agio verso la settimana conclusiva che spera tanto di vederlo, alla fine, non solo tra i primi dieci, suo primo obbiettivo dichiarato, ma addirittura sul podio e sul primi gradino. Almeida difende la sua maglia, ma è uno sconosciuto sulle Alpi e potrebbe soccombere, anche se oggi porterà a casa la vittoria nelle cronometro Conegliano-Valdobbiadene. La sorpresa è nell’aria e a dare retta alle dichiarazioni dello scoiattolo Lucano, sarà una bella sorpresa per i suoi tifosi.
Oggi c’è il rischio di sbandamenti in curva se si considera che si corre nella terra dei vini bianchi e neri tra i migliori del mondo. Solo il passaggio tra quei belli e ordinati filari ti fanno girare la testa. Conegliano Veneto ha, come tutte quelle terre, l’incertezza della nascita, nel senso che, essendo terra di passaggio, ognuno avrebbe potuto dargli questo nome. I primi ad essere chiamati in causa sono sempre i romani, che bonificavano quello che di malsano si trovavano sui propri tragitti, per prenderseli nel catasto. A quei tempi, gli abitanti e i soldati costruirono un sacco di cunicoli li e proprio da questi, ciculus, sarebbe venuto fuori il nome. Ci passarono vescovi eserciti perché era un punto di transito obbligato e sotto la Serenissima conobbe il massimo splendore, cui diedero una buona mano anche gli ebrei che vi abitavano sparsi e numerosi,prima e poi ben organizzati. Questi, sempre in affari, diedero non poco denaro alla costruzioni di chiese e di castelli. Gli abitanti facevano di tutto:agricoltori, falegnami, fini tessitori molto ricercati. Erano amanti della bellezza dei palazzi,oltre che del vino, fino a mettere sotto contratto l’infaticabile Palladio, che ha progettato ville meravigliose che sono come delle gemme nel territorio. La storia poi va avanti e dalla Serenissima a Napoleone il passo su breve, coinvolta in ogni guerra. Ora sappiamo che è una splendida città dedita soprattutto vendemmiare le uve più profumate che girano su tutte le tavole del mondo.
Valdobbiadene non poteva essere da meno e trasformò la sua zona in terre benedette da Bacco. Furono i componenti della Famiglia degli Ezzelini a farla da padrone fino al 1260. In origine era Val di Dobiadene, per poi prendere il nome attuale. Di guerre ne ha viste tante, come tutto i territorio,ma rimase sempre fedele alla sua vocazione agricola e viticola. meno male, perché possiamo bere del vino inimitabile. Oggi dovrebbero essere tutti i corridori a farsi una bella bevuta,ma solo se faranno una bella cronometro di 34,1 chilometri, tra due cittadine che fanno onore al lavoro e alla passione. Prosit, signori, un brindisi potremmo farlo tutti a casa, comodamente seduti in poltrona ,tra le mura domestiche.