Lacrime amare. Maradona non c’e più e Napoli chiagne
La morte del campione argentino scuote non solo il capoluogo campano, ma tutto il mondo
di Luigi Rubino
In campo, Maradona tenev “Offuoc dint e ven’” ( aveva il fuoco nelle vene) E Napoli ora chiagne. Piange la morte di un campione che
non c’è più. La notizia arrivata dall’Argentina, come un coltello infilato nel burro, ha scosso non solo il popolo argentino, ma anche quello napoletano che ha sempre considerato Diego un “ santissimo” del pallone, adorandolo quasi quasi più di San Gennaro, protettore della città. Giusto? Non giusto? Esagerato? Forse. Poco importa per il popolo napoletano, assetato di calcio.
Maradona, con la pelota, ai piedi, sembrava che ci parlasse. Uno, due tocchi vellutati e via. Per quasi tutti gli avversari il problema si riproponeva quasi in ogni partita, perchè sradicare il pallone dai piedi di un atleta come l’asso argentino era veramente difficile.
Diego a Napoli ha vissuto come un vero re. Si è divertito. Ha mandato in incandescenza molti tifosi, trasformando le domeniche al S. Paolo in vittorie incredibili di fronte perfino ad avversari più forti.
Memorabili le sue partite giocate davanti ad uno stadio ultracolmo. L’amore di Napoli per il campione argentino è una storia, trasmessa di padre in figlio, che certamente non avrà mai fine.
Ad iniziare dal primo scudetto arrivato nella stagione 86/87, sotto la guida di Ottavio Bianchi e gli altri successi a seguire come la conquista di una Coppa Italia, una Coppa Uefa in terra tedesca contro lo Strasburgo.
Ed ancora un secondo scudetto arrivato con mister Bigon l’anno dopo nella sfida casalinga contro la Lazio, in un’ avvincente lotta con il Milan dei Gullit e Van Basten, che ha lasciato un segno indelebile , meraviglioso soprattutto per coloro che hanno vissuto di persona e hanno visto giocare dal vivo al S. Paolo il in quello stadio che verrà presto intitolato al calciatore argentino; un campione autentico di genuinità venuto dall’altra parte del mondo, per fare felice Napoli con i suoi gol.
Giocare contro Diego era come avere una spada di Damocle sulla testa, prima o poi ti colpiva. A dirlo è Arrico Sacchi, tecnico di quel Milan che con il Napoli di Maradona, ha dato vita a sfide quasi decisive per lo scudetto.
A Napoli così centinaia di tifosi, infranto ogni tipo di zona rossa, coprifuoco e leggi anti Covid sono scesi in strada per omaggiare e ricordare Diego. Raduni di gente di ogni età si sono tenuti in pieno centro, nei quartieri spagnoli, in zone periferici della città e soprattutto intorno alla Curva B del S. Paolo in una veglia senza fine, in una partecipazione d’affetto, forse unica per un calciatore, che nella sua vita si è divertito molto in una città, come quella napoletana, dove ne ha passate anche di cotte e di crude, conoscendo gente per bene, ma anche compagnie poco affidabili che hanno usato, sfruttato a pieno la sua immagine per affari non puliti.
Maradona, nel bene e nel mare, ci ha rimesso la faccia. Spesso a difesa proprio di Napoli, considerata la sua seconda città, che non lo dimenticherà, per sempre.