Violenza sui minori: Denunciare sempre
Ma solo fatti reali
Avv. Adriana Sara Pozzi
È sabato mattina quando arriva la chiamata della Cliente. È disperata, in lacrime, stenta a respirare: la figlia di cinque anni le ha appena confidato di aver subito molestie sessuali da parte del padre.
Una decina di denunce, una causa durata due anni per l’affidamento della minore e la regolazione del diritto di visita, con il coinvolgimento dei servizi sociali, di consulenti tecnici d’ufficio e di parte, psicoterapeuti, educatrici domiciliari: è stato tutto inutile, conclude la cliente, non siamo riuscite ad ottenere tutela per lei e per la bambina.
La minore è molto scossa, tremante ha trovato la forza di denunciare il padre, la madre è consapevole che il suo ex abbia con disprezzo usato la bambina per porre in essere l’ennesima violenza nei suoi confronti e ne è devastata.
Si pone la classica domanda: “È possibile che si debba attendere il compimento di atti tanto gravi? Perché nessuno mi ha creduta prima?” È vero, abbiamo sporto denunce, segnalato ogni criticità ed ogni semplice timore ai Servizi Sociali senza essere state ascoltate, perché? Per quale ragione, nonostante si parli tanto di violenza di genere e di codice rosso, una donna non è stata ascoltata? Possiamo confidare nella Giustizia?
In primo luogo, è doveroso evidenziare l’impegno profuso dalle psicoterapeute del Consultorio incaricate di seguire la Cliente e la figlia, le quali, terminato il ciclo di sedute prescritto per la minore, hanno ritenuto di proseguire un monitoraggio ed hanno così messo la bambina nella condizione di denunciare l’abuso subito, raccogliendone le dichiarazioni.
Quanto agli Uffici della Procura, sono oberati dalle denunce che vengono presentate in codice rosso e ogni singola notizia di reato, fondata o meno che sia, costringe gli inquirenti all’indagine. Questo meccanismo, alla base del procedimento penale, è all’origine della dispersione di tempo ed energie che vengono impegnate per indagare a seguito di denunce e querele che spesso si rivelano infondate, in luogo di approfondire e monitorare casi meritevoli di maggiore attenzione ed i conseguenti provvedimenti della Magistratura appaiono, pertanto, superficiali, viziati e soprattutto non tutelanti nei confronti delle vittime di tali odiosi reati.
Eppure noi dobbiamo confidare nella Giustizia perché per uscire dalla violenza di genere è necessario denunciare, denunciare e denunciare.
Tuttavia, l’invito che, da donna e da avvocato, rivolgo a tutte e tutti è di denunciare solo se la violenza o la situazione di pericolo siano reali e fondate, al fine di non oberare le procure, lasciando che gli inquirenti possano concentrarsi su situazioni veramente critiche e necessitanti di giusta e idonea tutela.
Porto ad esempio la situazione, purtroppo frequente, in cui le donne sporgono strategicamente denunce per maltrattamenti in famiglia, mai realmente subiti, al solo fine di ottenere migliori condizioni di separazione. Tale pratica è inutile con riguardo all’azione civile e non è migliorativa delle condizioni di separazione, tuttavia essa è sicuramente dannosa per tutte le donne che si trovino in una situazione di reale pericolo.
Basta gridare al lupo, al lupo: confidiamo nella Giustizia e aiutiamo noi stesse denunciando ogni qual volta siamo realmente vittime di un reato, ovvero in prevenzione del medesimo, qualora il pericolo sia fondato.