Molestie sul luogo di lavoro
I dati sono allarmanti e lo Stato ratifica la Convenzione di Ginevra aderendo alla tolleranza zero per l’eliminazione della violenza e delle molestie
Avv. Adriana Pozzi
In base ai dati Istat, fra il 2013 e il 2016, 404 mila donne hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro, ovvero l’8,9% delle lavoratrici sono state vittima di una forma specifica della violenza di genere: le molestie e i ricatti sessuali in ambito lavorativo.
Tale forma di violenza consiste in molestie di carattere sessuale, con o senza contatto fisico, da parte di colleghi, superiori o altre persone che sul posto di lavoro hanno tentato di toccarle, accarezzarle, baciarle contro la loro volontà, sino al tentativo di utilizzare il corpo della donna come merce di scambio, con la richiesta di prestazioni o rapporti sessuali, o di una disponibilità sessuale, in cambio di un posto di lavoro o di un avanzamento.
In particolare, con riferimento ai ricatti sessuali, sono un milione 173 mila (ovvero il 7,5%) le donne che nel corso della loro vita lavorativa, in una fascia d’età compresa fra 15 e 65 anni, vi sono state assoggettate per ottenere o mantenere un posto di lavoro, o una progressione in carriera.
Nella maggior parte dei casi le donne vittime di molestie non ne parlano con nessuno sul posto di lavoro, né denunciano alle Forze dell’Ordine, motivando il loro silenzio attribuendo scarsa gravità all’episodio, ovvero con la scarsa fiducia nelle Forze dell’Ordine o con la loro impossibilità di intervenire per risolvere il problema; buona parte di esse ha comunque cambiato lavoro, è stata licenziata, messa in cassa integrazione, o non ha ottenuto il posto di lavoro.
I dati sono, purtroppo, peggiorati e, come emerge dall’elaborazione della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro sui dati Istat, in occasione della giornata internazionale 2020 per l’eliminazione della violenza contro le donne, il luogo di lavoro rappresenta il quarto posto di rischio violenza, preceduto dai mezzi pubblici, dalla strada e da pub, ristoranti, cinema e teatri.
Lo Stato italiano con Legge n. 4 del 15 gennaio 2021 ha ratificato la Convenzione n. 190 dell’Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL) sull’eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019.
Sebbene si tratti di previsioni di carattere programmatico che si limitano ad imporre agli Stati membri di adottare le misure attuative di quanto previsto nella Convenzione, il recepimento dei principi contenuti nel testo della convenzione costituisce un passaggio di fondamentale importanza.
In primo luogo, anche a fronte dei dati sopra riportati, si tratta di un’ulteriore e significativa presa di coscienza della gravità del problema, che necessita di idonee misure di prevenzione e contrasto, oltre che della sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Inoltre, la Convenzione amplia i termini della tutela non limitandosi a fatti strettamente connessi al posto di lavoro, ma riferendosi a tutte le condotte lesive, violente e moleste connesse, anche solo indirettamente, all’ambito lavorativo.
La Convenzione parte, infatti, dal presupposto che tutti gli esseri umani, senza distinzione di razza, credo religioso o sesso, abbiano il diritto di perseguire il proprio benessere materiale e il proprio sviluppo spirituale in condizioni di libertà, dignità e pari opportunità; che tutti abbiano diritto ad un ambiente lavorativo libero dalle violenze e dalle molestie, comprese quelle di genere, che costituiscono una violazione dei diritti umani, con importanti ripercussioni sulla salute psicologica, fisica e sessuale delle persone, sulla loro dignità e sull’ambiente familiare e sociale delle vittime; riconosce l’incompatibilità della violenza e delle molestie con lo sviluppo di imprese sostenibili, nonché l’impatto negativo sull’organizzazione e la produttività delle imprese.
Gli Stati che hanno ratificato la Convenzione di Ginevra, fra cui l’Italia, hanno riconosciuto i principi appena esposti e si sono impegnati a legiferare di conseguenza, eliminando ogni tipo di tolleranza verso la violenza e le molestie sul posto di lavoro.
In attesa che il legislatore ponga in essere le misure conseguenti alla ratifica della Convenzione, ricordiamo le disposizioni già esistenti a livello nazionale per la prevenzione e la tutela delle persone in materia di lavoro: l’articolo 2087 del codice civile prevede un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l’integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore; il D.Lgs. 81/2008 che prevede misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori in tutti i settori di attività, pubblici e privati, anche con riguardo ai gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, nonché quelli connessi alle differenze di genere; il D. Lgs. 231/2001, che ha introdotto la previsione di una responsabilità personale e diretta del datore di lavoro a fronte di reati commessi dai propri dipendenti, o da altri soggetti legati all’ambito lavorativo. Il D. Lgs. N. 198/2006, noto come Codice delle pari opportunità ha sancito l’equiparazione fra molestie sessuali e discriminazioni di genere, la cui tutela è stata ulteriormente ampliata dalla Legge n. 205 del 27 dicembre 2017 con la previsione che la lavoratrice o il lavoratore che denunci le discriminazioni e le molestie sul posto di lavoro non possa essere sanzionato, demansionato, licenziato o trasferito.
Viste le tutele già esistenti sarebbe auspicabile che la legge di attuazione della Convenzione di Ginevra imponesse al datore di lavoro la predisposizione di idonee misure di prevenzione e contrasto alla violenza e alle molestie sul luogo di lavoro, oltre che di strumenti di supporto per le vittime, al fine di porre in essere garanzie sempre più stringenti del diritto al lavoro.