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La rivoluzione femminile inizia dall’arte

Palazzo Reale si tinge di rosa fino al 25 luglio per raccontarci le storie delle signore dell’arte tra '500 e '600 attraverso i loro lavori. In mostra oltre 130 opere

Artemisia Gentileschi Artemisia Gentileschi

La rivoluzione femminile inizia dall’arte

Palazzo Reale si tinge di rosa fino al 25 luglio per raccontarci le storie delle signore dell’arte tra ‘500 e ‘600 attraverso i loro lavori. In mostra oltre 130 opere

di Marcella Baldassini

“Gran cosa è che in tutte quelle virtù et in tutti quelli esercizi né quali, in qualunque tempo, hanno voluto le donne intromettersi con qualche studio, siano sempre riuscite eccellentissime e più che famose, come con una infinità di esempli agevolmente può dimostrarsi a chi forse non lo credesse”.

“Vite, 1550 Giorgio Vasari

Difficile non identificarsi nella fatica e nel riscatto sociale e culturale di queste artiste donne, che vissero le contraddizioni di epoche così complesse ma anche rivoluzionarie tra ‘500 e ‘600.
Il Vasari gli dedica alcune parti nelle sue “Vite de più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani” sia nella prima che seconda edizione. Donne e artiste che sono vissute in epoche contrassegnate dall’apertura di molti cantieri, dove artigiani e artisti poliedrici, convivevano per realizzare insieme grandi opere. Alle donne però, non era sempre concessa la vita di cantiere, non erano commissionate grandi opere, ma potevano dedicarsi principalmente al ritratto e alla “natura morta”, l’odierno still life.

Il percorso espositivo di Palazzo Reale si snoda in 5 sezioni: Artiste del Vasari, Artiste in convento, Storie di Famiglia, Le Accademiche, Artemisia Gentileschi. In Artiste del Vasari, l’unica donna di cui il biografo ci rende nota è la scultrice bolognese che lavorò per il grande cantiere di San Petronio a Bologna, Properzia De Rossi.

Francesca Volò
Francesca Volò

Così lo storiografo ne parla: “In nessun’altra età le donne hanno acquistato grandissima fama non solamente nello studio delle lettere, ma enziadio in tutte l’altre facultà. Né si son vergognate, di mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche e fra la ruvidezza dé marmi e l’asprezza del ferro”.
Sono attribuite alla scultrice, alcune formelle nel museo della Basilica di San Petronio ed essendo anche, sempre secondo il Vasari, un’abile artista nell’intaglio in miniatura. Possiamo, inoltre, vedere in mostra lo stemma della famiglia Grassi del 1520 eseguito con filigrana d’argento, legno di bosso e noccioli intagliati.

Per rompere gli schemi all’interno di una società nobiliare che relegava le donne al solo ruolo di madri e mogli con fiorenti doti, il letterato e umanista Baldassare Castiglione scrive nel suo libro “Il Cortegiano” che le donne per partecipare alla vita di corte avrebbero dovuto diventare esperte anche nelle lettere e nell’arte. Molte di loro erano di aristocratica famiglia o iniziate all’arte dagli stessi padri che erano a loro volta pittori o mercanti o possedevano veri e proprie botteghe dove le frequentazioni con gli artisti del momento erano molto frequenti.

Nella seconda edizione delle Vite, il Vasari racconta di molte altre artiste dell’epoca, come le sorelle Anguissola, cremonesi di nascita, figlie di un nobile decurione. La più famosa delle Anguissola era Sofonisba, per i contatti con artisti dell’epoca come Michelangelo a cui il padre della fanciulla, spedisce un disegno ritenuto dall’artista alquanto bello ed efficace nell’espressione. Dell’artista possiamo ammirare in mostra alcune Pale e “Partita a scacchi”. Il quadro ritrae le sorelle dell’artista in un bel giardino dalla prospettiva rinascimentale, che esprimono la loro gioia affrontando il gioco intellettuale degli scacchi.

Delle artiste in convento, Vasari cita la carmelitana Antonia Doni, “che sapeva disegnare”, figlia del pittore, Paolo Uccello e Plautilla Nelli di cui il Vasari accenna parlando della vita di Fra Bartolomeo della Porta, senza evidenziare il suo nome ma attestando che in quel convento ci fosse“ una monaca che dipinge imitando quadri e pitture di maestri eccellenti, e poi facendo cose meravigliose “nei limiti della condizione femminile a cui era vietato lo studio dell’anatomia dal vero”.

Elisabetta Sirani
Elisabetta Sirani

Maggiore formazione pittorica ebbe Orsola Maddalena Caccia, figlia del pittore Guglielmo. Lei visse nel convento “domestico”, fatto costruire dal padre a Moncalvo per le figlie. In mostra a Palazzo Reale possiamo ammirare il quadro che rappresenta la “Natività di San Giovanni”, una composizione prospettica diversa, non più centrale, dove i molteplici personaggi si muovono in uno spazio con punti di vista diversi, che prelude alla pittura barocca.

Della visione più barocca in pittura ci fornisce un esempio Lavinia Fontana. Lei, rappresenta la fanciulla che formatasi a casa del padre Prospero, che all’epoca è alle dipendenze del Papa Giulio III, diventa un’artista poliedrica. Ci ha lasciato capolavori dal contenuto sacro e profano fino alla rappresentazione più erotica come nel quadro “Minerva in atto di abbigliarsi”, e “Venere riceve l’omaggio dagli amorini”. Dell’artista possiamo vedere in mostra alcuni quadri che rispecchiano la sua personalità vivace e meno conforme alle regole. In “Cleopatra”, rappresenta la regina d’Egitto che guarda il serpente, simbolo alchemico della rigenerazione, della conoscenza e del cambiamento e nel “Ritratto di famiglia”, i personaggi dipinti, sono sia quelli in vita che quelli già morti, come se l’artista volesse dare un significato di continuità tra morte e vita tra visibile e metafisico.

Nel percorso espositivo possiamo vedere ancora la pittrice bolognese Elisabetta Sirani, in mostra con potenti tele in cui sono raffigurati il coraggio femminile e il loro potere. Anche lei rappresenta Cleopatra (nell’immagine), la regina simbolo dell’universo erotico femminile e dimostra anche la forza della ribellione a un maschile violento, come nella rappresentazione in “Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno” del Museo di Capodimonte di Napoli; Ginevra Cantofoli, con “Giovane donna in vesti orientali”, Fede Galizia con l’iconica “Giuditta con la testa di Oloferne”, Giovanna Garzoni, altra modernissima donna che visse tra Venezia, Napoli, Parigi e Roma, in mostra con rare e preziose pergamene.

Alla fine del percorso troviamo la prima donna che riuscì ad essere ammessa all’accademia del disegno di Firenze: Artemisia Gentileschi. Definita dal biografo e pittore fiorentino, Filippo Baldinucci come “Valente pittrice quanto mai altra femmina”. Iniziata dal padre, Orazio Gentileschi, dopo le terribili disavventure causate dal tragico incontro con Agostino Tassi, finito in tribunale per stupro e mai penalizzato per colpa, ebbe grande lode e fortuna. Era una di quelle artiste dalla vita tumultuosa, capace di coltivare contatti con artisti autorevoli del tempo e uomini di scienza come Galileo Galilei a cui Artemisia Gentileschi, scriveva per ottenere suggerimenti, favori e commissioni presso le corti dell’epoca. Dell’artista in mostra il ritratto di “Maria Maddalena”, una donna concepita e dipinta nella stessa drammaticità delle opere Caravaggesche di cui la pittrice si nutriva per la sua formazione.

Ricordiamo lo Sponsor della mostra Fondazione Bracco, da sempre attenta al mondo dell’arte e della scienza, con un forte focus sull’universo femminile e i curatori della mostra stessa, Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapié che  hanno selezionato diversi prestatori a livello internazionale.

Orari

Lun: chiuso
Mar: 10.00 -19.30
Mer: 10.00 -19.30
Gio: 10.00 – 19.30
Ven: 10.00 -19.30
Sab: 10.00 – 19.30
Dom: 10.00 – 19.30

Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura

Biglietti

Open € 16
Intero € 14
Ridotto € 12
Abbonamenti Musei Lombardia € 10
Ridotto speciale € 6
Biglietto Famiglia: 1 o 2 adulti € 10 / ragazzi dai 6 ai 14 anni € 6

Info e prenotazioni

la mostra terminerà il 25 luglio 2021

INFOLINE PRENOTAZIONI GRUPPI:
T +39 02 892 99 21
(lun-ven 10-13)

Da martedì a venerdì prenotazione consigliata
Sabato, domenica e festivi prenotazione obbligatoria (entro il giorno precedente la visita)