Se n’è andato Salvatore “Totò” Schillaci, e con lui se ne va un pezzo di storia. L’eroe di Italia ’90, il volto delle “Notti Magiche”, ha chiuso gli occhi per sempre all’età di 59 anni, lasciandoci tutti orfani di quel sogno che aveva saputo incarnare con i suoi gol, il suo sorriso genuino e la sua voglia di vincere. Totò combatteva da tempo contro un tumore, una battaglia che, questa volta, non è riuscito a vincere. Se n’è andato al Civico di Palermo, la sua Palermo, quella città che lo aveva visto nascere e crescere tra le difficoltà di un quartiere popolare, ma con il pallone sempre ai piedi. Era il suo rifugio, la sua arma contro il destino che sembrava già scritto.
Totò, però, quel destino lo aveva riscritto a modo suo. Lo aveva fatto con i gol, con la passione, con quella voglia di non arrendersi mai, che lo portò dal Messina alla Juventus, fino a diventare l’idolo di un’intera nazione in quel mitico Mondiale del 1990. Chi non ricorda quelle notti? Chi non ha ancora impresso negli occhi quel suo volto emozionato, mentre il suo nome risuonava nei cori dei tifosi? Erano notti magiche davvero, e Totò ne era il simbolo, il cuore pulsante di un’Italia che credeva in un sogno, che viveva l’attesa di una vittoria che sembrava possibile. Sei gol, uno più importante dell’altro, uno più indimenticabile dell’altro. Sei momenti di pura magia, che fecero esplodere gli stadi e il cuore degli italiani. Il ragazzino di Palermo, il bomber riserva che doveva essere solo un comprimario, divenne l’uomo che fece sognare tutti noi.
Ma la vita, come il calcio, è fatta di alti e bassi. Dopo l’exploit mondiale, Schillaci non riuscì a replicare quei momenti di gloria. Alla Juventus e poi all’Inter, la sua carriera non brillò più come durante quell’estate del ’90. Ma a Totò non importava. Il suo nome era ormai inciso nella leggenda, e nessuno glielo avrebbe mai potuto togliere. Quando decise di trasferirsi in Giappone nel 1994, fu il primo calciatore italiano a fare quel passo. Lì, nello Jubilo Iwata, trovò un pubblico che lo amava senza riserve, e Totò rispose segnando gol su gol, tornando ad essere l’idolo che era stato in Italia. Ma il richiamo di casa era forte, e alla fine degli anni ‘90, Totò tornò nel suo paese, con il desiderio di vivere una vita più tranquilla, lontano dai riflettori.
La seconda vita di Totò Schillaci fu diversa, ma non meno intensa. Non volle diventare allenatore, perché voleva restare vicino alla sua famiglia, ai suoi figli, Jessica, Mattia e Nicole, nati dai suoi due matrimoni. In un’intervista aveva confessato il suo più grande rimpianto: non essere stato un padre presente a causa degli impegni che lo avevano portato in giro per il mondo. Ma negli ultimi anni, Totò si era rifugiato nei legami familiari, dedicandosi a loro con lo stesso amore che aveva messo in campo.
Non si fermò mai. Partecipò a programmi televisivi, interpretò ruoli da attore e aprì la sua scuola calcio, per dare una possibilità a tanti giovani cresciuti in contesti difficili come il suo. Era rimasto lo stesso ragazzo del CEP, quello che non si tirava mai indietro e che diceva le cose come stavano, anche a costo di sembrare troppo diretto. “Andate tutti affanculo,” aveva detto dopo appena due mesi da consigliere comunale a Palermo, lasciando un’impronta anche lì. Totò non cambiava, non si piegava: era fatto così, e per questo lo amavano.
Oggi lo piangono in tanti, non solo i tifosi, ma anche amici, colleghi, giornalisti che lo avevano conosciuto e apprezzato per la sua sincerità e la sua bontà d’animo. Era un uomo semplice, che sapeva da dove veniva e non lo aveva mai dimenticato. La sua scomparsa lascia un vuoto immenso, perché non era solo un calciatore, era un simbolo, un pezzo di storia italiana. Totò Schillaci era il sogno che tutti noi avevamo vissuto, era il volto sorridente di un’Italia che sapeva sperare, lottare e vincere. E anche se oggi quel sorriso non c’è più, il suo ricordo continuerà a vivere nei cuori di chi lo ha amato, di chi lo ha visto segnare, di chi ha vissuto quelle notti magiche, indimenticabili, con lui.
Totò ci lascia così, in punta di piedi, ma il suo nome resterà inciso per sempre nella memoria di tutti noi. Totò Schillaci, l’uomo che ci fece sognare.